Autismo, una mamma racconta la storia di sua figlia: “Diversa, ma non da meno”
Da ilfattoquotidiano.it del 2.4.2014
Silvia è nata nel 2004 ed è una bambina autistica. Frequenta la scuola primaria con buon profitto, accompagnata da un’insegnante di sostegno, e ha una passione per il disegno. Rigorosamente al computer, come potete vedere nella foto qui sopra. Chiara, sua mamma, ha raccolto le opere della figlia sul sito icoloridisilvia.it e ne racconta la vita – le passioni, le gioie, le conquiste, ma anche i momenti più difficili – su una pagina facebook. Oggi, in occasione della Giornata mondiale dell’autismo, scrive per ilfattoquotidiano.it una lettera indirizzata idealmente a un’altra mamma che scopre di avere un bambino autistico.
Cara mamma di Luca,
il nostro è stato un incontro di cuori. Due madri di ragazzi con autismo, nel mare di mamme di ragazzi normali davanti a scuola: non potevamo non trovarci, ti pare? Al tuo Luca hanno posto la diagnosi da poco e vorrei provare a rispondere alle tue tante domande.
Tu mi chiedi: Silvia è diventata autistica o è nata così? Non lo sapremo mai, temo. Ho sentito troppi pareri discordanti su questo argomento. Io so solo che quando è nata, mia figlia mi ha guardato con degli occhioni incredibili, che sprizzavano furbizia e voglia di vivere. Mangiava poco, faceva sempre di testa sua, odiava esser presa in braccio. Ma sorrideva sempre. A poco meno di due anni il suo sguardo ha cominciato a spegnersi, diventava sempre più isolata. Da allora la girandola di specialisti, esami, ricoveri per valutazione, ci ha trascinato verso un abisso di preoccupazione ed angoscia. La diagnosi di autismo ci è stata comunicata con molto tatto, da un neuropsichiatra che stimiamo. Ma è stato pur sempre un colpo duro.
Cos’era l’autismo? Un trafiletto della dispensa per l’esame di psichiatria a Medicina. Il film Rain Man. Null’altro, se non un presagio sinistro, cioè che la nostra vita sarebbe cambiata per sempre. Poi incontrammo Viola, per caso (o no?). Una psicomotricista che si era specializzata con corsi sull’autismo. Con lei abbiamo intrapreso un percorso che con pazienza ha trasformato la nostra piccola selvaggia in una bambina. E così’ è iniziata la nostra rinascita. Grazie a lei e ad educatori specializzati abbiamo scoperto il metodo della Comunicazione aumentativa alternativa, per interagire con lei attraverso immagini. Una modalità che diminuiva molto la sua ansia.
Tu mi chiedi: che cosa posso fare per aiutare mio figlio? Partiamo con lo sfatare una credenza molto radicata: l’autismo non è una malattia. E’ un diverso hardware cerebrale, un diverso modo di percepire la realtà e di elaborare i dati. Ma ti occorre una diagnosi, perché ti servirà per aiutare tuo figlio ad ottenere un adeguato sostegno a scuola, ad impostare un programma educativo e comportamentale che lo aiuti a superare le sue difficoltà, a far valere i suoi diritti anche sul piano degli aiuti economici, che, credimi, non sono scontati, in questo Paese. Io ho dovuto quasi sempre appoggiarmi a strutture private, perché nella zona dove vivo nessuna struttura pubblica fornisce programmi terapeutici efficaci. Ma non tutti possono permetterselo. Quindi contatta un bravo neuropsichiatra.
Come fare a riconoscerlo? E’ una persona che non ti giudica, che ti ascolta, ti valorizza comprendendo che tu sei il libretto di istruzioni per entrare in contatto con lui. E’ di estrema importanza che lo specialista compili una relazione che sottolinei le carenze di tuo figlio. Non temere questo. Purtroppo ha bisogno di ottenere le massime ore possibili di sostegno. E purtroppo non è ancora scontato che riesca ad ottenerle!
Mi chiedevi anche dei farmaci: io so solo che l’autismo non è una psicosi, quindi l’antipsicotico a mia figlia non l’ho mai dato. Sono convinta che alla base della sua iperattività e dei suoi momenti di rabbia distruttiva ci sia un forte disagio, dovuta al fatto di non riuscire a comunicare al meglio. Da medico non escludo l’utilizzo di farmaci che possano aiutarla a contenere la sua ansia. La terapia, se di terapia si può parlare, è di tipo educativo e comportamentale. Un buon centro specializzato in autismo ti potrà aiutare. Fortunatamente ora ce ne sono. Non so se ci sia un metodo migliore di un altro. Spero solo sia finito il tempo della psicoanalisi propinata a bambini di quattro anni ed ai loro poveri genitori, spesso colpevolizzati di essere dei frigoriferi affettivi. Se l’autismo viene individuato precocemente, si dice che si può risalire lo spettro autistico, si può migliorare l’autonomia personale e la comunicazione. Preparati ad affrontare momenti molto duri, a cui forse non ti abituerai mai.
Dovrai spiegare nel minimo dettaglio a Luca ciò che lo aspetta durante la giornata, soprattutto se quel giorno andrà incontro a variazioni del suo programma abituale: in tal modo ridurrai i rischi di una crisi. Prova tu ad essere condotta a destra e a sinistra senza sapere quello che dovrai fare. Un’agenda visiva lo tranquillizzerà e lo farà collaborare meglio. Dovrai prepararti a calmare le sue crisi nei posti più impensati, imparando a sostenere lo sguardo impietosito o infastidito della gente, che non comprende come mai quel bellissimo bambino, all’apparenza assolutamente normale, tocca ogni cosa che vede, non rispetta la fila, si agita per un nonnulla e ad un certo punto si getta per terra urlando e togliendosi i vestiti. Capricci, senza dubbio. No, alterazioni sensoriali: ma come spiegarlo in quei momenti?
Dovrai imparare a gestire le differenze che intercorrono tra Luca e Paolo, suo fratello, come a me è capitato con la mia figlia maggiore Irene. Capirà presto anche lui che non è possibile educare con le stesse modalità un bambino neurotipico e un bambino autistico. Imparerà a nascondersi per giocare ai videogame perché per suo fratello è deleterio, in pochi minuti lo manderebbe in sovraccarico sensoriale, rendendolo irritabile. Imparerà che certi suoni e certe luci Luca non li tollera, così come alcuni odori, per cui Luca spesso vuole mangiare da solo sul divano, mentre Paolo, da bravo bambino educato, deve mangiare a tavola con voi. Forse prima o poi uscirà con la frase “perché non sono autistico anche io?”, per ottenere quella diversa attenzione che riservate, senza volerlo, a suo fratello.
Se “ogni bambino ha il suo cestino”, quello di Paolo e Irene è diventato a poco a poco uno zaino, un po’ pesante da portare, ma che al cui interno, in futuro, troveranno risorse che altri ragazzi non hanno. Ma ti accorgerai, piano piano, che anche un figlio autistico è un regalo. Quale compagno di tuo figlio legge una volta la lezione e la sa? E credimi, la capisce. Mia figlia Silvia attualmente controlla meglio gli stati di ansia che le causavano le crisi, a scuola riesce molto bene con l’aiuto della sua insegnante di sostegno che le fa da guida, ma che ormai sempre più raramente si sostituisce a lei.
Cosa ti posso dire di lei? Silvia ha molte qualità proprio perché è autistica. I suoi disegni ipercolorati sono delle vere carezze per gli occhi. Il suo orecchio musicale assoluto le permette di ricreare al pianoforte delle melodie ascoltate solo poche volte, ed in diverse tonalità. Ha una fantasia sfrenata che le permette di creare racconti incredibili, magari un po’ sconclusionati…ma ha solo dieci anni. Ho aneddoti incredibilmente divertenti che puoi trovare sulla mia pagina Facebook o sul mio sito. Cosa spero per lei per il futuro? Il mio orizzonte si è aperto da quando, anni fa, ho scoperto la figura della dottoressa Temple Grandin, guardando il film sulla sua vita e leggendo alcuni suoi libri.
Temple è un’ingegnere americano, nata negli anni Cinquanta, specializzata in costruzioni di ranch, grazie alla sua capacità di intuire il comportamento animale. Due terzi delle strutture per l’allevamento degli animali negli States sono costruiti seguendo le sue teorie. Temple è autistica. Non un autismo di quelli leggeri, se mai ne esistessero, ma veramente dentro al problema. Ha parlato a cinque anni, si dondolava sulle altalene tutto il giorno. Ma la madre non si è rassegnata a rinchiuderla in un istituto, come era prassi in quel periodo. L’ha mandata a scuola non appena ha capito che lei era “diversa, ma non da meno”. L’ha spronata ad andare al college e all’università. Temple ha sempre combattuto contro i lati negativi del suo autismo, insieme a sua madre e ed un insegnante che l’ha capita e le ha cambiato la vita. Ma riconosce anche che grazie al suo autismo ha un modo di percepire le cose che altri non hanno e che le permette di eccellere nel suo lavoro.
Lei, come ha scritto, non rinuncerebbe ad essere come è. Ho scoperto che molti personaggi famosi della storia sono autistici: lo erano Leonardo, Michelangelo, Einstein, Emily Dickinson, Steve Jobs e tanti altri. Il mondo ha bisogno anche degli autistici, nonostante non sia ancora pronto a valorizzarli. Sono certa però che qualcosa stia cambiando. Mi auguro che per quando il tuo Luca e la mia Silvia saranno adulti, ci sarà un posto nel mondo anche per loro. E che venga riconosciuto il loro valore.
Ti abbraccio forte
Chiara